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Qual é la carbon footprint del bovino da carne in un allevamento "grass fed"?



Tra i metodi di pascolamento dei bovini da carne troviamo il cosiddetto "grass fed", ossia alimentato esclusivamente tramite foraggi, e quindi senza l'utilizzo di prodotti mangimistici. Utilizzato sempre più di frequente soprattutto nei paesi del Nord Europa, anche questo metodo viene attentamente scrutinato per valutare i benefici in termini di emissioni di Co2. Un recente studio condotto presso l'Università di Sassari ha voluto sottolineare le differenze tra le varie tipologie di alimentazione ed emissioni, vediamolo nel dettaglio.


Il metodo di allevamento e ingrassamento del bovino da carne basato esclusivamente sul pascolamento (grass fed) è diffuso in sud America e nel nord Europa e si sta estendendo anche negli USA e in Francia, sostenuto da una domanda crescente da parte di consumatori sempre più preoccupati degli impatti ambientali delle attività zootecniche, della salubrità dei prodotti e del benessere animale.


In Italia la produzione delle carne bovina poggia esclusivamente su un sistema di ingrassamento confinato a ciclo chiuso o, più frequentemente, a ciclo aperto. Soltanto alcune sporadiche realtà stanno iniziando a sperimentare le tecniche grass fed e queste sono collocate in aree collinari delle regioni centrali e meridionali. Questo lavoro riguarda, invece, un caso di studio del Piemonte e l’obiettivo è stato quello di stimare la carbon footprint (CFP) di un allevamento estensivo a ciclo chiuso di bovini da carne (consistenza 71 vacche più rimonta, tori e vitelli) appartenenti alle razze prevalentemente Piemontese e secondariamente Angus, Varzese e Scottish Highland, alimentati esclusivamente con foraggi (grass fed) e macellati all’età di 18-22 mesi, a 625 kg di peso.


L’azienda (“Casa Serra, sede a Montegrosso Cinaglio, in provincia di Asti) si estende su una superficie di 91 ha, di cui 40 ha di pascolo arborato, 8 di pascolo naturale e il resto di seminativi coltivati a erbai, cereali e prati. La raccolta dei dati è stata effettuata attraverso la somministrazione di un questionario, al fine di recuperare le informazioni relative alla gestione degli animali, ai consumi energetici e all’approvvigionamento di scorte e materie prime. Il confine temporale del sistema era l’annata agraria media (dal 1° ottobre al 30 Settembre) degli ultimi 5 anni mentre il confine spaziale era quello “from cradle to farm gate”.


I dati sono stati analizzati mediante i livelli di Tier 1 e Tier 2 dell'IPCC (2006-19), considerando le emissioni dirette di metano (CH4), protossido di azoto (N2O) e anidride carbonica (CO2) derivanti dalla produzione zootecnica aziendale ed emissioni indirette di N2O e CO2 associate a tutti gli altri input aziendali. I singoli contributi sono stati espressi in termini di CO2equivalente (CO2eq) considerando il potenziale di riscaldamento globale o global warming potential (GWP) di 100 anni (27,9 per CH4, 273 per N2O e 1 per CO2). L’unità funzionale (FU) considerata è stata il chilogrammo di peso vivo (LW) e il chilogrammo di peso della carcassa (CW), riferito ai vitelloni, tori, manze e vacche di scarto.


Dall’analisi dei dati è risultato che, l’impatto legato alla produzione di 1 kg di peso vivo era pari a 26,7 kg CO2eq e quello legato alla produzione di 1 kg di carcassa pari a 42,7 kg CO2eq. La maggior parte dell’impatto è stato attribuito alle emissioni di metano enterico per circa il 65%, seguite dalle emissioni da reflui per il 17%, energia per l’11% e alimenti acquistati per il 7%.


I dati ottenuti rientrano nel range dei valori della letteratura basata su studi condotti con analoghe modalità di allevamento, operati in particolare in paesi del sud America. In particolare, le unità funzionali considerate dagli studi sono state i kg CO2eq/kg peso vivo (Buratti et al., 2017; Barreto de Figuerido et al., 2017; Bragaglio et al., 2018; Celis et al., 2013; Grossi et al., 2020), i kg CO2eq/kg carcassa (Cardoso et al., 2015; Mazzetto et al., 2015) e i kg CO2eq/kg di incremento ponderale (Dick et al., 2015; Ruviaro et al., 2015).



In termini di kg di peso vivo, i valori di GWP hanno oscillato da un minimo di 9,4 kg CO2eq ad un massimo di 29,4 kg CO2eq. Per quel che concerne l’impatto espresso in termini di kg CO2eq per kg carcassa, i valori sono rientrati in un range da un minimo di 21 ad un massimo di 58,3 kg CO2eq; in termini di incremento ponderale, da 20,2 a 42,6 kg CO2eq.


I valori trovati in questo caso di studio sono superiori a quelli medi calcolati per un allevamento convenzionale della stessa area (15 kg di CO2 eq per kg di PV alla vendita, Bonnin et al., 2021), ma questo non esclude che tale tipo di allevamento possa essere virtuoso e meno impattante, sotto l’aspetto ambientale, se si attuassero azioni per migliorarne l’efficienza riproduttiva, promuovere strategie di pascolamento più razionali e, soprattutto, se si considerasse il sequestro di carbonio che nel caso di allevamenti di Piemontese convenzionali consente, secondo i nostri calcoli, un abbattimento delle emissioni di circa 3 kg di CO2eq per kg di PV alla vendita.


 

L'articolo è da considerarsi la sintesi dei dati originali presentati come Tesi di Laurea Magistrale in Scienze Zootecniche presso l'Università di Sassari, a cura di:

Francesa Mondina Lunesu, Francesco Muscau, Giuseppe Pulina

Redazione ASPA

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