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Redazione ASPA

Produzione di carne e dati: le note fanno la differenza




Quando si parla di produzioni di carne e alimenti di origine animale la prima domanda che viene in mente è sempre la stessa: qual é l'impatto che questa produzione ha sull'ambiente? Periodicamente vengono pubblicati diversi report che riportano dati più o meno confortanti sull'impatto ambientale della produzione di carne, eppure non tutti riportano i dati correttamente. Vediamo perché



La produzione di alimenti di origine animale occupa due terzi della superficie agricola disponibile. È questa la frase che continuamente leggiamo o ascoltiamo da parte di coloro che sostengono la necessità di convertire l’agricoltura verso produzioni alternative a quella destinata agli alimenti di origine animale, per evitare che al crescere della domanda di alimenti non ci sia più abbastanza terra per ospitare gli allevamenti, veri e propri divoratori di superficie agricola.



Consultando il documento prodotto dalla Commissione Europea: Farm to Fork strategy, prodotto all’interno del piano strategico Grean Deal, il dato sopra citato è ampiamente confermato. Il documento, infatti, riporta testualmente: “68% of the total agricultural land is used for animal production”.


In fondo alla frase, tuttavia, c’è un numero, che rimanda ad una nota a piè di pagina, per dettagliare da coss è costituito questo 68%. La nota, infatti, precisa che “39.1 million hectares of cereals and oilseeds and 70.7 million hectares of grassland on 161 million hectares of agricultural land”.


Tradotto significa che su 161 milioni di ettari di superficie agricola in Europa, 39,1 (pari a 24,2%) sono dedicati a colture cerealicole e oleaginose destinate all’alimentazione degli animali (in realtà per le oleaginose si dovrebbe considerare che l’olio è destinato al consumo umano e il residuo vegetale dell’estrazione all’alimentazione animale) e 70,7 milioni (pari a circa il 44%) a pascoli.


Questi ultimi ettari destinati a pascoli sono tipicamente i terreni più difficili da coltivare per altri scopi o, talvolta, impossibili da coltivare per giacitura e caratteristiche pedo-climatiche. Questo vuol dire che se non fossero destinati a pascoli (e quindi ad alimentare gli animali erbivori che alleviamo, principalmente ruminanti) l’uomo non ricaverebbe nemmeno una caloria o un grammo di proteina da quella quota di superficie agricola.


Allora quella piccola nota a piè di pagina di un importante documento programmatico dell’Unione Europea ci consente di sottolineare un aspetto che può fare la differenza rispetto a quanto riportato inizialmente: gli allevamenti occupano due terzi della superficie agricola disponibile, consentendo all’umanità di ottenere cibo altamente nutriente anche da quelle superfici agricole (che in Europa sono più del 40%) che altrimenti sarebbero improduttive o poco produttive. Gli allevamenti pertanto contribuiscono a garantire la sicurezza alimentare, in Europa come nel resto del mondo.


 

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