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Redazione ASPA

Razze caprine italiane: quali informazioni sulla conservazione possiamo ricavare dai dati sugli SNP del loro genoma?



L'Italia è uno dei paesi europei più ricchi in termini di biodiversità zootecnica. Con 286 razze domestiche registrate, l'Italia si colloca tra i paesi con più schede dati sulle razze nel Domestic Animal Diversity Information System mondiale. Questo gran numero di razze locali è il risultato di diversi fattori tra cui condizioni culturali, produttive e ambientali.


Grazie a questi fattori, le razze locali offrono una significativa riserva genetica che mostra una forte tendenza a modellare attivamente il loro ambiente naturale al fine di massimizzare la forma fisica e mitigare le conseguenze del cambiamento climatico. Tuttavia, negli ultimi 50 anni, molte razze locali hanno subito un declino o addirittura l'estinzione a causa della diffusione globale di razze più prolifiche altamente sviluppate.


Tra le specie di bestiame, le capre stanno subendo un preoccupante declino, nonostante rappresentino un importante apporto economico e culturale, soprattutto in ambienti marginali. Infatti, oltre il 50% delle razze caprine italiane è a rischio di estinzione, con 19 razze in pericolo e 17 razze in condizioni critiche. Tra le numerose minacce che le razze autoctone stanno affrontando, ci sono problemi legati al cambiamento climatico, nuove malattie, risorse naturali limitate e mutevoli richieste del mercato.


Inoltre, le capre, più di altre specie di bestiame, sono colpite da incroci indiscriminati a causa della mancanza di piani di conservazione specifici che dovrebbero includere indagini genetiche su un gran numero di individui all'interno delle razze locali. In effetti, l'attuale classificazione delle razze di capre locali si basa principalmente su tratti fisici/morfologici che potrebbero non rappresentare accuratamente la composizione genetica sottostante.


A causa di questo fenomeno, l'integrità e la sopravvivenza delle popolazioni locali sono messe a repentaglio dall'aumento dell'omogeneizzazione genetica, attraverso l'eliminazione di varianti non comuni o particolari e la rottura di complessi genici coadattati.


Il presente studio ha indagato la struttura genetica di quattro popolazioni di capre autoctone allevate nella regione Lazio, tutte classificate come in pericolo dal DAD-IS. Queste razze locali, allevate principalmente in sistemi di allevamento estensivo e a basso input, sono per lo più selezionate e descritte in base a tratti morfologici, come il diverso fenotipo del colore del mantello. La Bianca Monticellana è caratterizzata da un mantello bianco ed è attualmente allevata nella regione di Monte San Biagio (Lazio), con 828 capi censiti nel 2022.


La capra Capestrina, che ha un mantello bruno-nero e 515 capi censiti nello stesso anno, è solitamente allevata con la capra Bianca Monticellana e la Grigia Ciociara. Quest'ultima, con 333 capi censiti nel 2022, si distingue per il suo mantello grigio. Infine, la popolazione caprina nota come Capra Fulva del Lazio è priva del Libro Genealogico nonostante sia iscritta sia all'Anagrafe Regionale Volontaria che all'Anagrafe Nazionale, rispettivamente dal 2006 e dal 2018.


La Fulva è allevata nel basso Lazio in molti greggi di capre locali, all'interno dei quali la componente "rossa" è rappresentata da un numero limitato di capi. Pertanto, dato il numero limitato di animali, valutare la diversità di queste razze è essenziale per stabilire le priorità e prendere decisioni di conservazione. Le razze con un corredo genetico unico e caratteristiche adattive dovrebbero richiedere la massima attenzione nelle strategie di conservazione.


Studi precedenti hanno esplorato la struttura genetica delle popolazioni di capre italiane, ma con un numero limitato di individui per quanto riguarda le capre locali del Lazio. In questo studio abbiamo aumentato la genotipizzazione di quattro popolazioni di capre del Lazio utilizzando il chip Illumina Goat IGGC 65K v2 con l'obiettivo generale di aumentare la nostra comprensione della diversità genomica delle razze caprine italiane.


Più specificamente volevamo ottenere:

(i) una maggiore risoluzione sulla diversità genetica di queste popolazioni valutando la struttura della popolazione e il livello di consanguineità;

(ii) identificare regioni genomiche che potrebbero essere collegate a caratteristiche morfologiche o adattative, al fine di valutare se le differenze fenotipiche tra razze siano supportate anche a livello genotipico;

(iii) confrontare i nuovi individui genotipizzati con quelli appartenenti alle stesse razze precedentemente genotipizzate.


In questo studio, abbiamo analizzato la diversità genetica e i modelli ROH di quattro razze di capre della regione Lazio utilizzando dati SNP genomici. Nonostante la struttura complessiva di tutte e quattro le razze sia simile, siamo stati in grado di trarre alcune informazioni chiave per la conservazione dai nostri risultati.


Aumentando la dimensione del campione, abbiamo rilevato nuove sottostrutture nelle razze Bianca Monticellana e Fulva. Questi risultati sono estremamente importanti per la conservazione perché suggeriscono che le razze piccole, che sono spesso disperse, isolate e vulnerabili ai processi di deriva, possono mostrare sottostrutture interne. Per motivi di allevamento e conservazione, è quindi essenziale quantificare accuratamente la diversità complessiva della razza.


Gli individui con punteggi di contributo genetico più elevati sono stati rilevati come contributori chiave alla struttura genetica delle razze, suggerendo che rappresentano genotipi ancestrali cruciali per gli sforzi di conservazione. L'analisi ROH ha rilevato animali con alti livelli di lunghi tratti di omozigosi, in particolare in Capestrina e Bianca Monticellana, che potrebbero essere limitati dai programmi di allevamento. Questa strategia aiuta a preservare la varietà genetica e impedisce alle popolazioni in via di estinzione di declinare.



Conclusioni e prospettive future

Nonostante la bassa diversificazione genetica tra le razze, c'è ancora una forte differenziazione morfologica. Ciò ci ha portato a considerare che i tratti morfologici, che sono facilmente riconoscibili e sotto una forte pressione selettiva, non rappresentano completamente l'intero genoma. Di conseguenza, basandosi esclusivamente su queste caratteristiche, è possibile sovrastimare o sottostimare la differenza genomica nel processo di caratterizzazione della razza.


Pertanto, abbiamo studiato se alcuni geni che potrebbero potenzialmente spiegare queste variazioni morfologiche risiedono nelle isole ROH. Ciò ci ha portato a identificare alcuni geni nelle isole ROH come: FOXE1, STX17, SUCLG2, MSI2, TRNAC-ACA, PSD3, ALG14 e LYG2, che sono associati a diversi tratti, tra cui il colore del mantello, l'adattamento all'aridità e all'altitudine, i tratti della fibra di cashmere, la resistenza alle malattie e la tolleranza allo stress termico.


Tuttavia, questo è solo un approccio preliminare per rilevare possibili regioni genomiche sottoposte a selezione mediante isole ROH e sono auspicabili ulteriori indagini che utilizzino diversi approcci di selezione distintiva per confermare i nostri risultati.


 

Fonti:

Il presente articolo è un estratto della pubblicazione intitolata "What conservation insights can we drag from genome-wide SNPs data in Italian small goat breeds?" pubblicata nell'Italian Journal of Animal Sciences e consultabile in versione integrale al seguente link:

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